Immagina un giardino botanico europeo dei primi decenni dell’Ottocento, immerso nella bruma mattutina, dove tra palme rare e felci giganti emergono i fusti eleganti del bambù. Una pianta che, pur appartenendo alla sottofamiglia delle Bambusoideae delle Graminacee (Poaceae), ha da sempre suscitato l’ammirazione e il mistero dei botanici. È in questo scenario suggestivo che si colloca l’opera del botanico tedesco Charles Kunth, figura centrale nella sistematizzazione scientifica del bambù in Europa.
Charles Kunth e la classificazione tassonomica del bambù
Prima della sistematizzazione di Kunth, il bambù era descritto in modo incerto. Linneo lo aveva classificato come Arundo bambos nel 1753, seguito da tentativi parziali di Anders Adolf Retzius e Daniel Paul Schreber. Fu Charles Kunth, grazie alla sua meticolosa analisi degli erbari provenienti dalle missioni esplorative in Sud America e Asia, a riconoscere l’unicità del bambù. Nel 1815, egli pubblicò una delle prime classificazioni tassonomiche rigorose, identificando le caratteristiche strutturali e morfologiche del bambù e fondando la sottofamiglia delle Bambusoideae.
La sua classificazione, supportata da Carl Adolph Agardh nel 1822, stabilì per la prima volta una base scientifica per lo studio del bambù, distinguendolo dalle comuni graminacee grazie alla particolare struttura dei culmi, all’assenza del cambio vascolare e all’incredibile crescita rizomatosa. Con questa intuizione, Kunth aprì la strada a una nuova visione botanica della pianta, ancora oggi riferimento per le classificazioni moderne.
Dal mistero d’Oriente ai giardini d’Europa: l’epopea del bambù
Dalle nebbie del Giappone imperiale e dalle foreste sacre della Cina, il bambù iniziò il suo viaggio verso l’Europa come pianta carica di simbolismo, forza e mistero. L’arrivo del bambù in Europa risale alla metà del XVIII secolo, quando esemplari di Bambusa vulgaris vennero introdotti come piante ornamentali. Il loro fascino esotico si diffuse rapidamente tra collezionisti e orti botanici. In Francia, il giardiniere Eugène Mazel fu tra i primi a creare vere e proprie foreste vive di bambù. In Inghilterra, nel 1827, la Phyllostachys nigra trovò dimora nelle serre vittoriane, segnando l’inizio della coltivazione temperata della pianta in Europa.
Paesi come Germania, Svizzera, Italia e persino l’ex Unione Sovietica sperimentarono la coltivazione di diverse varietà. Non mancarono insuccessi: alcune specie, introdotte senza un’adeguata gestione, furono percepite come invasive o non sopravvissero ai climi rigidi. Tali fallimenti alimentarono pregiudizi sulla presunta “pericolosità” del bambù, che venne etichettato erroneamente come infestante. Tuttavia, furono proprio questi primi tentativi a consolidare un nuovo approccio alla coltivazione e gestione della pianta, fondato su studio agronomico e pianificazione ambientale.
Nel XX secolo, il botanico belga Jean Houzeau-de-Lehaie divenne uno dei principali promotori della pianta: nel suo giardino sperimentale di Mons testò varietà rare e diffuse la cultura del bambù attraverso la rivista Le Bambou. La sua opera contribuì alla nascita di una vera comunità botanica europea dedicata a questa graminacea straordinaria.
Longevità e uso moderno: il bambù, una risorsa viva
Oggi, grazie a decenni di studi agronomici, selezioni varietali e nuove tecnologie di coltivazione, il bambù non è più solo un elemento esotico nei giardini europei, ma una risorsa chiave per l’innovazione sostenibile. In particolare:
- Biocompositi: la fibra di bambù è oggi utilizzata per produrre plastiche biodegradabili e pelli alternative, contribuendo a ridurre l’uso di materiali fossili.
- Bioedilizia: pannelli isolanti, laminati strutturali e materiali edilizi derivati dal bambù stanno entrando nei cantieri europei, offrendo un’alternativa rinnovabile al cemento e al legno tropicale.
- Design industriale: dalla mobilità elettrica all’arredamento, il bambù viene integrato in materiali compositi ad alte prestazioni.
Le proprietà naturali della pianta – tra cui l’assorbimento di CO2, la rigenerazione dei suoli e la biodiversità dei rizomi – la rendono ideale per una nuova generazione di progetti ambientali e industriali circolari.
Forever Bambù: eredi dell’intuizione di Kunth
Tornando a Charles Kunth, è evidente come la sua classificazione del 1815 abbia posto le fondamenta per una trasformazione oggi più attuale che mai. Forever Bambù raccoglie questa eredità scientifica con spirito imprenditoriale e visione ecologica. Grazie a un modello agricolo brevettato e una filiera 100% italiana, coltiviamo bambù gigante in modo sostenibile, rigenerando terreni marginali e fornendo materia prima tracciabile per il mondo della bioeconomia.
La nostra missione è la stessa di Kunth: dare al bambù il posto che merita nel paesaggio culturale e industriale europeo. Se vuoi scoprire come il bambù può trasformare la tua impresa, scrivici a segreteria@foreverbambu.com.


