Crediti di carbonio normativa: dalla crisi di fiducia alla svolta etica

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Negli ultimi vent’anni, i crediti di carbonio sono diventati uno degli strumenti più discussi – e controversi – nella lotta contro il cambiamento climatico. Un’idea potente: trasformare la CO2 evitata o assorbita in un bene quantificabile, scambiabile, monetizzabile. Ma con grande potere viene anche grande responsabilità. E oggi, più che mai, la parola chiave è una: normativa.

La nascita dei crediti di carbonio: tra idealismo e mercato

L’idea dei crediti di carbonio nasce con il Protocollo di Kyoto del 1997, primo grande trattato internazionale che introduce un meccanismo di mercato per incentivare la riduzione delle emissioni. In pratica, un’azienda o un ente può compensare le proprie emissioni finanziando progetti che riducono o assorbono CO2 altrove: riforestazione, energie rinnovabili, efficienza energetica.

Nasce così un mercato globale – volontario e regolato – che avrebbe dovuto sostenere la transizione ecologica. Ma la realtà si è dimostrata ben più complessa.

Crediti di carbonio e normativa: cosa dice la legge

Nel tempo, la necessità di una normativa chiara e vincolante è diventata sempre più urgente. Ad oggi, esistono due grandi mercati:

  • Il mercato regolato (compliance market), come l’EU ETS europeo, che obbliga le grandi industrie a compensare le proprie emissioni
  • Il mercato volontario (voluntary market), in cui aziende e privati acquistano crediti per motivi etici, reputazionali o strategici

Nel mercato volontario, però, i criteri variano e la mancanza di una normativa uniforme ha aperto la porta ad abusi e contraddizioni. Da qui nasce una domanda centrale: come facciamo a distinguere un credito di carbonio vero da uno inutile?

Progetti fasulli: quando il carbonio diventa illusione

Negli ultimi anni, diverse inchieste giornalistiche e studi indipendenti hanno evidenziato un problema allarmante: oltre il 90% dei crediti di carbonio emessi da certi progetti di riforestazione non corrisponderebbe a reali riduzioni di CO2.

Progetti basati su foreste mai piantate, o su risparmi “ipotetici”, hanno eroso la fiducia del pubblico e minato la credibilità del sistema. Questo fenomeno ha un nome preciso: greenwashing.

Secondo The Guardian, milioni di crediti venduti negli ultimi dieci anni non hanno avuto impatto reale. Il risultato? Aziende che si dichiarano “carbon neutral” sulla base di dati falsati, e consumatori disillusi.

Verso una nuova etica del carbonio: il modello Forever Bambù

In questo scenario, servono modelli trasparenti, verificabili, radicati in pratiche reali. Ecco perché Forever Bambù si impegna nella rigenerazione autentica del territorio attraverso foreste certificate di bambù gigante.

Ogni progetto Forever Bambù:

  • È tracciabile grazie alla certificazione ISO 14064-2
  • Genera crediti di carbonio basati su dati scientifici verificati da enti terzi
  • Non si limita a “compensare”, ma rigenera attivamente suolo, biodiversità e tessuto economico locale

Il nostro obiettivo non è vendere numeri, ma valore reale per l’ambiente e per chi investe nel cambiamento. I crediti di carbonio Forever Bambù sono parte di un modello di economia circolare, trasparente, etico.

Dalla normativa alla fiducia, il carbonio che ispira

I crediti di carbonio non sono il problema. Il problema è come li usiamo. Senza regole, senza trasparenza, senza etica diventano solo una copertura. Ma con la giusta normativa e con progetti concreti, possono diventare una delle chiavi della rigenerazione planetaria.

Forever Bambù crede in un futuro in cui ogni tonnellata di CO2 compensata sia anche un albero, un lavoro, una comunità che rifiorisce. Perché compensare non basta. Serve rigenerare. Insieme.

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