Altri usi del bambù

Ridurre drasticamente la produzione di plastica non è soltanto un auspicio, ma sta diventando la norma grazie alle nuove leggi europee che impongono divieti e limitazioni sulla produzione e l’utilizzo di questo materiale altamente inquinante che contamina tutti gli habitat terrestri.

In particolare, la normativa del Parlamento Europeo che entrerà in vigore nel 2021 metterà al bando tutte le plastiche monouso come stoviglie usa e getta, cannucce e molto altro ancora: prodotti che non spariranno dal mercato, ma che dovranno essere prodotti con materiali sostenibili come il bambù.

UN MARE DI PLASTICA

Secondo la Commissione Europea, circa l’80% dei rifiuti che inquinano i mari sono costituiti da plastica, un dato che sale al 95% secondo le stime del WWF. Sono fra i 10 e i 20 milioni le tonnellate di plastica che finiscono ogni anno negli oceani del Pianeta, provocando oltre 13 miliardi di dollari l’anno di danni agli ecosistemi marini.

L’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo dopo la Cina e riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche. 

Queste, come è noto, si accumulano al punto di creare vere e proprie “isole di plastica”, la più grande e famosa delle quali è quella situata nell’Oceano Pacifico, nota con il nome di “Pacific Trash Vortex”, la cui superficie copre un’area grande 4 volte la Francia.

Pur essendo la più vasta, però, non è purtroppo l’unica: alle 5 “isole di plastica” oceaniche – due nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’oceano Indiano – in cui si accumula la maggioranza dei rifiuti, si aggiunge il Mar Mediterraneo, classificato come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo, in cui si concentra il 7% della microplastica globale

La maggior parte delle plastiche non si biodegrada in alcun modo, tutta quella dispersa in natura vi resterà per centinaia o migliaia di anni; decomponendosi molto lentamente, si accumula nei mari, negli oceani e sulle spiagge.

I residui vengono ingeriti dagli animali – con 700 specie marine minacciate dalla plastica, di cui il 17% a rischio estinzione – come tartarughe marine, foche, delfini, balene ed uccelli, ma anche da pesci e crostacei, entrando così nella catena alimentare umana.

LE PLASTICHE NEL SUOLO…

Se i danni delle plastiche all’ecosistema marino sono finiti ormai su tutti i giornali, meno noto è l’effetto che hanno sulla terraferma, dove si stima che un terzo di tutti i rifiuti di plastica finisca nei suoli o nelle acque dolci.

Gli scienziati dicono che l’inquinamento microplastico terrestre è molto più alto dell’inquinamento microplastico marino: è stimato da 4 a 23 volte superiore, a seconda dell’ambiente. Generalmente, quando le particelle di plastica si degradano acquisiscono nuove proprietà fisiche e chimiche, aumentando il rischio di avere un effetto tossico sugli organismi.

… E NEL NOSTRO CORPO

Proprio per la sua composizione, infatti, la plastica tende a sgretolarsi, formando “microplastiche” di dimensioni infinitesimali che permangono fino a 1000 anni nel terreno. Degradandosi, possono rilasciare sostanze tossiche che provocano danni agli ecosistemi e anche all’uomo.

Secondo un recente studio dell’Istituto Leibniz, le microplastiche rilasciano additivi che sono noti per i loro effetti ormonali e possono disturbare il sistema ormonale di vertebrati e invertebrati. Inoltre, particelle di dimensioni nanometriche possono causare infiammazione, attraversare le barriere cellulari e attraversare persino membrane altamente selettive come la barriera emato-encefalica o la placenta. All’interno della cellula possono innescare, tra le altre cose, cambiamenti nell’espressione genica e nelle reazioni biochimiche.

LA NORMATIVA

Per ridurre queste forme di inquinamento, a partire dal 2021, il Parlamento Europeo ha disposto l’abolizione delle plastiche monouso – quelle che compongono oggetti usa-e-getta come cannucce, cotton-fioc, piatti e posate –  e l’obbligatorietà del recupero al fine del riciclo del 90% delle bottiglie di plastica entro il 2029. Entro il 2025, inoltre, il 25% delle bottiglie di plastica dovrà essere composto da materiali riciclati, quota che salirà al 30% entro il 2030.

Nel testo adottato si propone che il divieto di utilizzo dei prodotti per i quali esistono alternative sia esteso anche ai prodotti di plastica oxodegradabile ed ai contenitori per cibo da asporto in polistirene espanso. Per i prodotti monouso per i quali, invece, non esistono alternative, gli Stati membri dovranno mettere a punto piani nazionali, con misure dettagliate, per ridurre significativamente il loro utilizzo, da trasmettere alla Commissione entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva.

È un messaggio forte quello inviato dall’UE agli Stati membri, alle aziende del territorio e ai cittadini, che ribadisce l’importanza ormai improrogabile di porre fine ai metodi produttivi non sostenibili e di adottare pratiche ecologiche e consapevoli.