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L’inquinamento da plastica è una vera e propria piaga per l’ambiente. L’alternativa? Si chiama bambù!

I danni causata dalla diffusione della plastica sono ormai noti a tutti. Le principali vittime di questa invasione sono le distese d’acqua che ricoprono il nostro pianeta e tutte le specie che vi abitano. Secondo una stima del WWF, infatti, ogni anno finiscono negli oceani fra i 10 e i 20 milioni di tonnellate di plastica. Dal momento che la plastica ha bisogno di centinaia di anni per degradarsi e scomparire dalla faccia della terra, questi rifiuti si sono accumulati gradualmente fino a formare vere e proprie isole, tra cui il famoso “Pacific Trash Vortex” che si trova appunto nell’Oceano Pacifico e la cui superficie copre un’area pari a 4 volte la Francia.

Tutto ciò ha conseguenze molto gravi sull’ecosistema marino. A creare danni non sono solo le gigantesche isole di spazzatura, ma anche le cosiddette microplastiche, ovvero quelle minuscole particelle che si generano durante la lunga fase di decomposizione dei rifiuti plastici che vengono ingerite dai pesci e che, di conseguenza, finiscono anche nei nostri stomaci danneggiando la nostra salute.

Come risolvere l’inquinamento da plastica? L’alternativa a questo materiale esiste e si chiama bambù! A partire dalle canne di bambù si può infatti produrre una speciale bioplastica che a differenza della plastica tradizionale è al 100% biodegradabile, pur essendo altrettanto resistente e funzionale. Grazie al bambù possiamo contribuire a rendere i nostri mari e oceani più pulite e a preservare le specie animali che li popolano.